20150407

L'ESERCITO DELLE COSE INUTILI di Paola Mastrocola Einaudi editore recensione di Sara Merighi

 L'ESERCITO DELLE COSE INUTILI di Paola Mastrocola
Einaudi editore
Variponti è il paese delle cose inutili. Cosa c'è di più inutile di un vecchio asino che non ha più la forza di lavorare? Di un libro che è uscito di catalogo? Dello stare a guardare la luna tutta la notte, del trapiantare primule da un prato all'altro, dell'occupare una panchina...
Eppure tutti sembrano felici. Sembrano.
D'altronde perché per essere felici si dovrebbe essere utili? Scrivere poesie è utile? Dipingere è utile? Raccogliere conchiglie in riva al mare è utile?
Qualcuno direbbe di no. Giorgio Manganelli diceva che lo scrittore, per esempio, sceglie in primo luogo di essere inutile.
Qualcuno direbbe di sì. L'arte, come emblema di ciò che è reputato inutile, riesce a comunicare, a risuonare con la nostra anima, la nostra parte divina e universale, nascosta sotto strati di condizionamenti e di difese e a liberarci. A farci sentire, anche solo per poco, migliori.
Come l'amore. (A questo proposito, l'amore è utile o inutile?)
Ma al vecchio e inutile Raimond, protagonista de "L'esercito delle cose inutili ", che non riesce a condividere l'apparente felicità degli abitanti di Variponti, vengono dei dubbi, delle malinconie.
"Tutti dormono, io no, io guardo le prime stelle che si affacciano ad annunciar la notte. Mi viene sempre una strana malinconia a quell'ora, penso alla vita che se n'è andata e io forse non l'ho presa. Non l'ho presa abbastanza. Mi pare di aver lasciato qualcosa di incompiuto, ma non so bene cosa. (...). C'è quella poesia di Pascoli che dice La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l'ebbero intera. Né io...e che voli, che gridi mia limpida sera."
Ma importa sapere se siamo utili o inutili? 
"I piantatori di primule (...) Chi sono io, poi, per dire chi è utile e chi è inutile? (...). Qualcosa avranno ben da fare, anche loro, su questa terra. Qualcosa che nessuno sa cos'è, d'accordo. Ma importa?"
Forse questa identità che ci costruiamo di persone utili ci serve solo per trovarci un posto, una riconoscibilità nella società. 
Il problema è che quando ci viene a mancare la nostra supposta utilità, l'infelicita', la depressione ci toglie la voglia di vivere.
Allora non è forse sufficiente sapere che se siamo qui, se siamo vivi, fino a quando lo saremo, è perché siamo necessari al mondo?
Come un seme che ha già al proprio interno il suo essere un ciliegio o un frassino o una rosa anche noi, al momento della nostra nascita, abbiamo all' interno la nostra natura, la nostra essenza. Riconoscendola e assecondandola, compito assai difficile perché non bisogna mai perdere il contatto con noi stessi, diamo il nostro contributo all'equilibrio dell'universo.
"E allora mi è presa una gran voglia di invecchiare". Dice Raimond. " (...) Mi vergogno un po' di un desiderio così assurdo alla mia età. (...) Quante notti ancora vorrei vedere? Tante." 
Sara Merighi 

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